venerdì 27 novembre 2009

RUBRICA PER ALLENATORI DI BASKET GIOVANILE
RISPONDE ENRICO ROCCO - AURORA DESIO


Intervista a Enrico Rocco (Responsabile Aurora Desio)

D: Cosa significa per te costruire un buon settore giovanile?
R: per prima cosa significa programmare, quindi porre degli obiettivi, valutare gli strumenti a disposizione, indicare i tempi per il raggiungimento degli obiettivi e poi indicare la strada da percorrere.
Obiettivo: Costruire giocatori per la propria Società;
Strumenti: avere lo staff tecnico migliore possibile in base alle risorse disponibili, per questo cercare di prendere i migliori istruttori che secondo me ci sono nella mia zona, preparatore atletico compreso, e cercare di formarne altri investendo su giovani istruttori, magari ex giocatori del settore giovanile, proponendo loro percorsi formativi adeguati. E’ altresì importante costruire anche uno staff di dirigenti accompagnatori coordinato dallo stesso responsabile del settore giovanile. Tecnici e dirigenti devono essere molto affiatati e andare tutti nella stessa direzione.
Tempi: bisogna sempre fare una programmazione di quattro anni, fissando degli step di verifica durante il percorso e soprattutto fare un’analisi approfondita dopo i primi due anni.
Percorso: una volta costruito lo staff e stabiliti gli obiettivi e i tempi indicare un percorso tecnico ed educativo da percorrere per la crescita di giocatori e uomini.

D: Che cosa non può assolutamente mancare per avere un buon settore giovanile?
R: una buona programmazione, uno staff tecnico valido e una società alle spalle che crede nello sviluppo e formazione di nuovi giocatori.

D: Quali aspetti tecnici prediligi nel tuo modo d’insegnare la pallacanestro ai giovani atleti del tuo settore giovanile?
R: lavoro molto sulle capacità individuali, quindi penso che lavorare sui fondamentali sia molto importante, poi propongo loro situazioni di gioco per imparare ad usare il fondamentale corretto, quindi a riconoscere ciò che succede sul campo.

D: Come riesci a far capire ai tuoi giocatori l’importanza di allenarsi sempre al massimo, di diventare ottimi atleti prima che buoni giocatori, l’importanza di una dieta specifica…?
R: parlo sempre con loro di buona alimentazione, io mangio molta verdura e frutta, bevo una spremuta al giorno, di conseguenza parlo di questo a loro facendo capire l’importanza di certi alimenti.

D: Nel tuo rapporto interpersonale con i ragazzi che alleni quale metodo pedagogico usi per ottenere sempre il massimo?
R: sono un allenatore che cerca sempre di provocare una reazione nei giovani giocatori, è una strada pericolosa perché poi devo essere bravo a guidare la loro reazione. Ad oggi dopo 20 anni, è la strada che preferisco.
Però per fare questo mi sono confrontato con pedagogisti, insegnanti, psicologi, ho fatto corsi per potermi relazionare al meglio con i ragazzi. Io sono duro in palestra, sono esigente, ma soprattutto sono sempre me stesso con i ragazzi, non mostro maschere.

D: Nella tua carriera di allenatore di settore giovanile la presenza di genitori e/o familiari (amici) ingombranti che hanno rappresentato un problema per il miglioramento dei giovani giocatori che allenavi ci sono stati? E se si in che in modo hai risolto la questione?
R: io cerco sempre di essere chiaro con i genitori e soprattutto chiedo loro di rispettare i ruoli, loro sono i genitori, io l’istruttore.
Faccio capire loro che l’obiettivo è la crescita dei loro figli e di conseguenza dobbiamo collaborare e non farci la guerra. La mia fortuna è stata che nella mia carriera ho avuto spesso genitori positivi, soprattutto ho allenato molti figli di ex giocatori e di ex allenatori che mai si sono intromessi nel mio lavoro.
Con alcuni, ma sono casi isolati, ho avuto invece alcuni problemi, ma ho solo ribadito le regole e se a loro non andavano bene potevano rivolgersi altrove e così è stato.

D: Quali sono, secondo il tuo parere, i tre maggiori problemi per il basket giovanile in Italia e se vuoi dicci come faresti a risolvere questi problemi?
R: preferisco non rispondere anche perché secondo alcune persone IT24, SUPERDUBBIO, ARRESTO E TIRO, etc. etc., che si nascondono dietro dei nick su alcuni forum io sono uno dei problemi.

D: Che consiglio daresti ad un giovane allenatore che voglia specializzarsi sulla formazione di buoni giocatori a livello giovanile?
R: partire dal presupposto che noi istruttori di settore giovanile siamo come i volontari delle ambulanze: abbiamo delle vite umane tra le nostre mani e quindi dobbiamo essere i più professionali possibili e soprattutto molto preparati.

D: In ultimo qual è la motivazione che ti porta a continuare ad allenare a livello giovanile?
R: ultimamente ho giocato una partita di campionato in serie C Dilettanti e in campo tra le due squadre c’erano 12 miei ex giocatori, quindi questa è la motivazione, vedere persone che hai visto crescere diventare adulti e affermarsi.

martedì 24 novembre 2009

RUBRICA ALLENATORI DI BASKET GIOVANILE
FRANCESCO BENEDETTI - REYER VENEZIA


Intervista a Francesco Benedetti (Responsabile Reyer Venezia)

D: Cosa significa per te costruire un buon settore giovanile?
R: Costruire una grande famiglia, dove qualunque sia la casa che si vive quotidianamente, ci si senta partecipe di qualcosa di più grande ed importante. Un buon settore giovanile deve avere dei suoi principi, morali per la crescita dell’individuo e tecnici per perseguire l’obiettivo finale di costruire dei giocatori importanti. Anche se il vero Settore Giovanile deve lavorare per permettere a tutti i suoi atleti di migliorare ed esprimersi al meglio di quelle che sono le capacità individuali.

D: Che cosa non può assolutamente mancare per avere un buon settore giovanile?
R: Credo sarebbe riduttivo citarne solo una. Anche se dei buoni istruttori-allenatori sono immancabili, credo vadano di pari passo con un preparatore fisico competente ed addentro alle problematiche specifiche del nostro sport e di ragazzi giovani in particolare, nonché dirigenti disponibili e preparati e strutture consone che permettano lo svolgersi delle attività quotidiane.

D: Quali aspetti tecnici prediligi nel tuo modo d’insegnare la pallacanestro ai giovani atleti del tuo settore giovanile?
R: L’apprendimento dello stesso fondamentale per ripetizioni, ma inserito in situazioni di crescente difficoltà e variabilità. E’ fondamentale la dimostrazione e la visualizzazione del gesto tecnico, ma anche il confronto quotidiano con livelli di difficoltà maggiori.

D: Come riesci a far capire ai tuoi giocatori l’importanza di allenarsi sempre al massimo, di diventare ottimi atleti prima che buoni giocatori, l’importanza di una dieta specifica…?
R: Non sempre ci si riesce… L’essere atleta è difficile, di questi tempi lo è sempre di più, perché presuppone dei sacrifici che la società moderna non insegna a fare. Noi cerchiamo innanzitutto di dare l’esempio, non mi sentirei di spiegare ai ragazzi quanto male fa il fumo e poi uscire a fumarmi una sigaretta, o parlare di obesità ed andare dal McDonald e così via. Certo, si cerca di spiegare con franchezza e con esempi tangibili quanto sia importante essere atleta, l’alimentazione, la cura del corpo , ecc., ma se di base non c’è la volontà del ragazzo che sente tutto questo lavoro fondamentale per la sua crescita, le parole sono sparse al vento. Noi crediamo molto ad esempio nella preparazione fisica, ritagliandole grossi spazi, anche a discapito del gioco vero e proprio. Spero che anche questa scelta venga sentita dai nostri ragazzi come un riconoscere l’importanza di questo fattore ed uno stimolo per loro di seguirne i consigli seriamente.

D: Nel tuo rapporto interpersonale con i ragazzi che alleni quale metodo pedagogico usi per ottenere sempre il massimo?
R: Sono sempre stato caratterialmente portato per creare dialogo e conoscenza reciproca anche fuori dal campo, credo fermamente che è difficile comprendere un giocatore se prima non si comprende la persona, il contesto in cui vive ed il suo background. C’è sempre il momento in cui imporsi, arrabbiarsi o sgridare, ma ci deve sempre essere il giusto equilibrio nel rapporto, soprattutto di rispetto e fiducia. Solo fidandoti del tuo allenatore credi veramente in quello che fa e che ti servirà per migliorarti e puoi dare tutto te stesso nel lavoro e sacrificio che ti chiede.

D: Nella tua carriera di allenatore di settore giovanile la presenza di genitori e/o familiari (amici) ingombranti che hanno rappresentato un problema per il miglioramento dei giovani giocatori che allenavi ci sono stati? E se si in che in modo hai risolto la questione?
R: Anche qui che ci siano stati è fuori dubbio, che siano stati risolti è tutto da dimostrare! Di sicuro non mi barrico dietro la mia posizione, si cerca sempre inizialmente di essere accondiscendenti, di trovare un dialogo, magari creare un punto d’incontro per permettere a chi “critica” di valutare anche il tuo punto di vista, o altri diversi.
Poi è chiaro che ad un certo livello un allenatore deve far rispettare la propria autonomia tecnica all’interno di gruppo e squadra. Quindi se la situazione dovesse degenerare, accetterei di perdere un giocatore, seppur forte, pur di conservare il gruppo, la società (intesa come il non creare precedenti pericolosi) e ultimo ma non ultimo, la mia dignità professionale.


D: Quali sono, secondo il tuo parere, i tre maggiori problemi per il basket giovanile in Italia e se vuoi dicci come faresti a risolvere questi problemi?
R: Il problema maggiore penso sia la mancanza di alternative valide per consentire ai ragazzi di fare esperienze vere e costruttive dopo la fine del Settore Giovanile, cioè tra i 19 ed i 22 anni. Come vivaio di serie A trovo molto interessante la possibilità di creare un gruppo completamente in doppio tesseramento, strada aperta da Federico Danna a Biella e che se sarò nelle condizioni, mi piacerebbe replicare.
So che il direttivo del Settore Giovanile, presieduto da Eugenio Crotti, sta lavorando per permettere agli RTT di essere più vicini ed inseriti nelle realtà territoriali, questa credo sia la soluzione migliore per migliorare e rendere più omogeneo il lavoro delle realtà anche più piccole.
Come terzo problema segnalerei il tatticismo sfrenato che talvolta si vede a tutti i livelli del giovanile, forse sarebbe il caso di rendere obbligatori meno tesserini e punti di formazione, ma mirare di più la formazione di allenatori e dirigenti specializzandoli nel Settore Giovanile.

D: Che consiglio daresti ad un giovane allenatore che voglia specializzarsi sulla formazione di buoni giocatori a livello giovanile?
R: Gli consiglierei di abbinare il più possibile l’esperienza e lavoro in palestra con la ricerca di possibilità di vedere all’opera chi del Settore Giovanile ha fatto lavoro e qualità, credo che in un allenamento di Consolini, Di Lorenzo, Schiavi o Danna (solo per citarne alcuni) un giovane allenatore possa imparare più che passando un anno in palestra o studiando mille libri. Il problema è che purtroppo le scarse risorse che nel passato sono state riservate ai settori giovanili, hanno spinto grandissimi allenatori di queste categorie a scegliere percorsi più remunerativi, ma vedere a tutt’oggi un individuale di Molin, Valli, Banchi, Calvani o Boniciolli sia il miglior modo di affacciarsi alla pallacanestro giovanile.

D: In ultimo qual è la motivazione che ti porta a continuare ad allenare a livello giovanile?
R: Semplicemente non credo ci sia nulla di più appagante nella vita di poter insegnare qualcosa a qualcuno. Poterlo fare all’interno dello sport che amo e vivo da più di 20 anni lo ritengo una grandissima fortuna, che spero duri ancora a lungo.

RUBRICA ALLENATORI DI BASKET GIOVANILE
FEDERICO DANNA - ANGELICO BIELLA


Visto che spesso allenatori giovani mi chiamano (scrivono) e mi chiedono consigli utili per migliorare il modo di stare in palestra con i giovani giocatori (e visto che difficilmente sulle riviste specializzate si entra nel merito di questioni del genere) da oggi pubblico interviste ad allenatori importanti di settore giovanile. Di seguito trovere le loro risposte ad una intervista spedita nei giorni scorsi ai più importanti responsabili di settore giovanile in Italia. Per tutti coloro che hanno "fame" di pallacanestro giovanile ecco un nuovo inedito contributo.

Ringrazio in anticipo tutti coloro che in tempi brevi si sono già resi disponibili per questa iniziativa e anche a tutti quelli che lo faranno nel prossimo imminente futuro. Spero che questa iniziativa possa essere considerata come un piccolo contributo fattivo per migliorare il nostro movimento giovanile.


Un saluto.

Andrea Schiavi

Intervista a Federico Danna (Responsabile Angelico Biella)

D: Cosa significa per te costruire un buon settore giovanile?
R: Significa costruire un ambiente nel quale giovani atleti, giovani tecnici, “giovani” dirigenti, genitori, ognuno al proprio livello, crescono sia sul piano dell’educazione sportiva sia di quella umana

D: Che cosa non può assolutamente mancare per avere un buon settore giovanile?
R: Chiari obiettivi, differenti da una società all’altra, per impostare e programmare l’attività.

D: Quali aspetti tecnici prediligi nel tuo modo d’insegnare la pallacanestro ai giovani atleti del tuo settore giovanile?
R: l’insegnamento del gioco attraverso il miglioramento dei fondamentali

D: Come riesci a far capire ai tuoi giocatori l’importanza di allenarsi sempre al massimo, di diventare ottimi atleti prima che buoni giocatori, l’importanza di una dieta specifica…?
R: Non solo ottimi atleti ma ottimi cittadini…..l’esempio di chi li ha preceduti, di chi ha “fatto strada” esempi interni, ragazzi cresciuti con noi, non Gallinari o Bargnani, ma ragazzi che giocano ad alto livello e hanno preso una laurea, ad esempio, attraverso l’impegno giornaliero e la serietà con cui hanno affrontato l’attività proposta

D: Nel tuo rapporto interpersonale con i ragazzi che alleni quale metodo pedagogico usi per ottenere sempre il massimo?
R: Non ho un “metodo pedagogico” scientifico.
Ho 35 anni di esperienza di allenamento con i giovani, ho lavorato con psicologi dello sport, ho lavorato all’interno della scuola elementare, media e superiore, ho fatto tutti i livelli di formazione della Fip. Ho allenato in serie A e ho allenato ragazzi paraplegici.
Dico questo perché penso che tutte queste esperienze, oggi, mi abbiano portato a dire che un istruttore giovanile debba essere esigente, forse duro, non accettare alibi e cattive abitudini che sempre più sono presenti nei giovani d’oggi. Deve essere giusto e coerente.

D: Nella tua carriera di allenatore di settore giovanile la presenza di genitori e/o familiari (amici) ingombranti che hanno rappresentato un problema per il miglioramento dei giovani giocatori che allenavi ci sono stati? E se si in che in modo hai risolto la questione?
R: Si, ci sono stati molti casi di genitori ingombranti, con figli viziati, figli che venivano ritenuti campioni senza esserlo, o genitori che hanno pensato che io non sia stato giusto con i loro figli. A volte avevano ragione a volte no. Spesso non è stato possibile risolvere il problema, spesso i figli non hanno raggiunto il proprio potenziale.
Altre volte si è risolto attraverso il dialogo. Non credo che la frase “ i migliori giocatori giovani sono “orfani” abbia senso. Penso che i genitori siano i primi responsabili dell’educazione e con loro si debba dialogare.


D: Quali sono, secondo il tuo parere, i tre maggiori problemi per il basket giovanile in Italia e se vuoi dicci come faresti a risolvere questi problemi?
R: 1) il passaggio tra il minibasket ed il basket è un problema. Si passa da un corso dove non esistono pretese e regole ad una squadra a volte trattata come se fosse composta da uomini.I minibasket dovrebbe essere anche scuola, istruzione, apprendimento, non solo gioco e divertimento, le prime categorie sono ancora, e sempre più, formate da ragazzini. Qui la soluzione non può che essere la formazione degli istruttori che saranno sempre più prepatati.
2) Il passaggio tra il campionato u19 e l’attivià senior: le regole attuali, nsieme al poco coraggio delle società e dei loro allenatori, fa si che solo i fenomeni giochino ad alto livello, la più parte dei forti ventenni fa il tappabuchi in qualche squadra senior o gioca in una squadra in cui l’allenamento ed il miglioramento non fanno più parte di valori cardine. Soluzione? Cambiare le regole, la struttura dei campionati, ma soprattutto la mentalità degli allenatori delle squdre senior
3) La scarsa comunicazione tra Fip , SSN con i loro tecnici, e le società di base soprattutto. I tecnici federali dovrebbero girare tutto l’anno e visitare i settori giovanile delle società di base.

D: Che consiglio daresti ad un giovane allenatore che voglia specializzarsi sulla formazione di buoni giocatori a livello giovanile?
R: Prepararsi, studiare, aggiornarsi, andare a rubare il mestiere a qualche allenatori di cui si ha stima, stare con i giovani è un impegno importante, bisogna essere preparati oltre le qualifiche e gli obblighi

D: In ultimo qual è la motivazione che ti porta a continuare ad allenare a livello giovanile?
R: è il più bel lavoro che possa immaginare, vedere un giovane che, anche grazie a te, cresce, dà soddisfazioni impagabili; vedere una squadra che cresce con mentalità e valori vicini a quelli del suo coach e che questo, senza scorciatoie, porta a raggiungere risultati importanti è la più grande soddisfazione che, professionalmente, si posssa immaginare

RUBRICA ALLENATORI DI BASKET GIOVANILE
MARCO GANDINI - ARMANI JUNIOR MILANO


Visto che spesso allenatori giovani mi chiamano (scrivono) e mi chiedono consigli utili per migliorare il modo di stare in palestra con i giovani giocatori (e visto che difficilmente sulle riviste specializzate si entra nel merito di questioni del genere) da oggi pubblico interviste ad allenatori importanti di settore giovanile. Di seguito trovere le loro risposte ad una intervista spedita nei giorni scorsi ai più importanti responsabili di settore giovanile in Italia. Per tutti coloro che hanno "fame" di pallacanestro giovanile ecco un nuovo inedito contributo.

Ringrazio in anticipo tutti coloro che in tempi brevi si sono già resi disponibili per questa iniziativa e anche a tutti quelli che lo faranno nel prossimo imminente futuro. Spero che questa iniziativa possa essere considerata come un piccolo contributo fattivo per migliorare il nostro movimento giovanile.


Un saluto.

Andrea Schiavi


Intervista a Marco Gandini (Responsabile Armani Junior Milano)

D: Cosa significa per te costruire un buon settore giovanile?
R: Costruire un settore giovanile di alto livello comporta in primis avere una struttura di reclutamento il più capillare e competente possibile per consegnare agli allenatori il miglior materiale umano possibile su cui lavorare. La struttura deve poi essere appoggiata da uno staff tecnico e medico di alto livello.

D: Che cosa non può assolutamente mancare per avere un buon settore giovanile?
R: E’ assolutamente fondamentale avere tecnici preparati ed aggiornati a livello tecnico e atletico.

D: Quali aspetti tecnici prediligi nel tuo modo d’insegnare la pallacanestro ai giovani atleti del tuo settore giovanile?
R: Vanno poste le fondamenta su cui i giocatori possano crescere e sviluppare il loro talento, quindi ritengo di assoluta e primaria importanza la conoscenza tecnica e tattica dei fondamentali.

D: Come riesci a far capire ai tuoi giocatori l’importanza di allenarsi sempre al massimo, di diventare ottimi atleti prima che buoni giocatori, l’importanza di una dieta specifica…?
R: L’educazione al diventare un atleta scrupoloso ed esigente con se stesso deve essere figlia dell’abitudine a pensare il proprio vivere il basket come un motivo di quotidiano miglioramento individuale : una persona con una cattiva educazione alimentare, una cattiva attitudine al lavoro, etc … non sarà mai un atleta di alto livello. E’ molto utile, a mio avviso, esibire ed esaltare gli atleti professionisti che possano considerarsi da esempio.

D: Nel tuo rapporto interpersonale con i ragazzi che alleni quale metodo pedagogico usi per ottenere sempre il massimo?
R: E’ difficile che un ragazzo giovane sia consapevole di quale possa essere il suo massimo, molto più facile è, secondo me, abituarli ad avere un atteggiamento fisico e mentale che, diventando abitudine durante il proprio percorso formativo, lo porti ad avere nei confronti dell’allenamento e della partita una predisposizione al massimo impegno.

D: Nella tua carriera di allenatore di settore giovanile la presenza di genitori e/o familiari (amici) ingombranti che hanno rappresentato un problema per il miglioramento dei giovani giocatori che allenavi ci sono stati? E se si in che in modo hai risolto la questione?
R: Mi sono capitati, come a tutti, genitori particolarmente problematici e con cattiva influenza sul miglioramento del proprio figlio. Ho sempre cercato di parlare con loro per renderli coscienti di come il loro comportamento potesse nuocere alla crescita del ragazzo …. poi tutto dipende dall’intelligenza delle persone.

D: Quali sono, secondo il tuo parere, i tre maggiori problemi per il basket giovanile in Italia e se vuoi dirci come faresti a risolvere questi problemi?
R: Il primo problema credo che sia culturale : si scommette poco sui giovani e quando lo si fa non si ha la pazienza di aspettarli, si hanno pochi progetti a lunga scadenza, si è troppo legati a livello di società sportive al risultato agonistico con il difetto di perdere in progettualità. Il secondo problema riguarda il percorso formativo dei ragazzi, che dovrebbe comprendere una ben più strutturata attività tecnico-atletica a livello di bambini U13 e U14 che dovrebbe avere come fine educativo quello di abituare il ragazzo all’assunzione di posture e gesti tecnici corretti che lo possa aiutare a costruirsi come giocatore nel suo futuro percorso formativo. Inoltre bisognerebbe avere un programma tecnico a livello nazionale per fare in modo che gli atleti che escono dai settori giovanili a 19 anni non vengano dispersi in situazioni tecniche di basso profilo ma possano proseguire, sotto l’egida della Federazione e dei club di proprietà, nel loro processo di crescita individuale.

D: Che consiglio daresti ad un giovane allenatore che voglia specializzarsi sulla formazione di buoni giocatori a livello giovanile?
R: Non avere fretta di guadagnare e saper scegliere prima di tutto e soprattutto all’inizio della carriera percorsi formativi in realtà di alto livello tecnico. E’ un lavoro che si impara stando a contatto quotidiano con allenatori più bravi e preparati. Riconoscere e capire l’importanza di saper insegnare i fondamentali con meticolosità e costanza e mettere sempre l’individuo giocatore e il suo miglioramento individuale sopra il risultato.

D: In ultimo qual è la motivazione che ti porta a continuare ad allenare a livello giovanile?
R: Il piacere che leggo negli occhi dei miei giocatori ogni volta che si rendono consapevoli di un loro miglioramento individuale. E’ un’emozione che nessuna vittoria a nessun livello ti può dare!!