domenica 6 dicembre 2009

RUBRICA ALLENATORI DI BASKET GIOVANILE
GIANNI CHIAPPARO DOCET



Intervista a Gianni Chiapparo (Varese)

D: Cosa significa per te costruire un buon settore giovanile?
R: Dare la possibilità al maggior numero di ragazzi/e di potersi confrontare imparando la pallacanestro, fornendo loro le conoscenze perché possano migliorare la loro creatività e gli spazi operativi perché si sentano coinvolti e considerate persone!!!

D: Che cosa non può assolutamente mancare per avere un buon settore giovanile?
R: La passione per il nostro sport, le conoscenze per poterlo insegnare, la pazienza per saperne attendere i frutti.

D: Quali aspetti tecnici prediligi nel tuo modo d’insegnare la pallacanestro ai giovani atleti del tuo settore giovanile?
R: La comprensione delle situazioni sempre diverse che andranno ad affrontare. Per far ciò devono cercare di costruirsi un bagaglio tecnico-tattico il più completo possibile, ma con un’apertura mentale ad accettare novità e differenze.

D: Come riesci a far capire ai tuoi giocatori l’importanza di allenarsi sempre al massimo, di diventare ottimi atleti prima che buoni giocatori, l’importanza di una dieta specifica…?
R: Con l’esempio, non vi è cosa migliore, i ragazzi/e “sentono”, chi hanno di fronte, lo misurano, lo accettano se capiscono che lavora per loro e con sentimento sincero anche se duramente. Prima di essere giocatori bisognerebbe essere buoni atleti. Non sempre questa regola è rispettata. Questa regola non scritta andrebbe fatta capire ed apprezzare ai giovani. Solo con sacrificio si costruisce qualcosa d'importante... sapendo anche che non sempre il sacrificio è dolore.
Per capire a fondo l’importanza di una buona alimentazione, si dovrebbe incontrare un alimentarista facendo anche test sulle intolleranze alimentari. Spesso si scoprirono cose importanti e a volte un mondo nuovo affascinante.

D: Nel tuo rapporto interpersonale con i ragazzi che alleni quale metodo pedagogico usi per ottenere sempre il massimo?
R: Un misto di metodologie didattiche vissute e quindi sperimentate in 40 anni di basket, e a seconda dell’età, delle capacità, delle situazioni ambientali in cui si opera. Basta ricordate che Sparta era la più grande democrazia dell’antica Grecia e loro lavoravano sodo. Questo non lo dico io, ma Aristotele un vecchio "coach" datato.

D: Nella tua carriera di allenatore di settore giovanile la presenza di genitori e/o familiari (amici) ingombranti che hanno rappresentato un problema per il miglioramento dei giovani giocatori che allenavi ci sono stati? E se si in che in modo hai risolto la questione?
R: Una volta non vi erano genitori onnipresenti, ma spesso solo genitori all'anagrafica. Ora troppo spesso l’eccesso di bene od il rimorso crea ingerenza, danneggiando un sano rapporto figli-genitori e genitori-allenatori. Troppo spesso le aspirazioni e le attese-pretese dei genitori vengono riversate sui figli con l'accumulo di tensioni eccessive.
Il problema esiste, personalmente cerco di agire con i ragazzi che alleno perché sono loro con cui ho a che fare tutti i giorni, e m'interessa il loro miglioramento, tuttavia lascio aperta una porta per il dialogo con gli adulti. Spiegare le ragioni delle scelte fatte e della filosofia che le ispira mi sembra cosa sana a giusta.
Dopodichè chi non crede in ciò che è stato detto e spiegato, è libero di andare da un altra parte. E' perfettamente inutile lavorare con gente scontenta. Tutti gli altri palliativi come tali lasciano i problemi senza risolverli. Ricordiamoci però che i genitori sono “loro” e che noi siamo semplicemente allenatori per un giorno, un mese, un anno.

D: Quali sono, secondo il tuo parere, i tre maggiori problemi per il basket giovanile in Italia e se vuoi dicci come faresti a risolvere questi problemi?
R: Primo, vi sono sempre meno giovani. Nel 1979 13 milioni di Under 15 in Italia, nel 2009 sono solo 9. Sapere di questo dato significa già renderci conto che proporzionalmente il materiale su cui lavorare è minore.
Secondo, sono sbagliati i tempi di competitività, troppo lungo il periodo di gare, troppo poco il tempo per lavori individuali atletici e tecnici.
Terzo, abbiamo creato figure che già a 16 anni creano "disturbi" nei ragazzi/e e nei genitori con miraggi di carriere e guadagni futuri.
Quarto, cecità di molti dirigenti che vedono il settore giovanile solo in funzione di risultati-vittorie e non di risultati come crescita degli atleti/e e della squadra.
Quinto, con le regole attuali sul professionismo, difficile fare investimenti sul settore giovanile.

D: Che consiglio daresti ad un giovane allenatore che voglia specializzarsi sulla formazione di buoni giocatori a livello giovanile?
R: Se la passione per il mondo dei giovani e per l’insegnamento della pallacanestro lo attira, siamo già a buon punto. Crearsi un bagaglio culturale sportivo e il secondo passo. Qualcosa di lungimirante che possa contenere un po' di tecnica, una buona dose di pedagogia e un saper fare funzionale all'età con cui si ha intenzione di avere a che fare.

D: In ultimo qual è la motivazione che ti porta a continuare ad allenare a livello giovanile?
R: Un sano egocentrismo ed un po’ di egoismo. E' bello dirigere un gruppo di ragazzi e fargli crescere. Poi stiamo tranquilli perchè ti torna tutto indietro. Cosa pretendere di più?

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